Copertina Op.48Congr(FILE PDF   

Il 22 giugno 2022 la ministra per gli affari regionali e le autonomie, Gelmini, ha riunito a Roma i presidenti delle Regioni Friuli Venezia Giulia (Fedriga), Veneto (Zaia), Lombardia (Fontana), Emilia Romagna (Bonaccini), Toscana (Giani), Liguria (Toti), ai quali ha presentato il suo disegno di legge “Disposizioni per l’attuazione dell’autonomia differenziata di cui all’art. 116, terzo comma, della Costituzione”; col proposito di varare la legge entro la fine di questa legislatura (il cui termine naturale cade a marzo 2023).

     Di questo noi ci siamo occupati estesamente nel nostro 48° Congresso (luglio 2019), dedicandovi il 4° capitolo del rapporto (cliccare il FILE PDF dell’opuscolo a fianco, pagg. 29 - 41), e facendone l’oggetto del 4° punto della Risoluzione politica che riportiamo di seguito.

Il regionalismo differenziato espressione apicale della devastazione meridionale ed indice della decomposizione ordinamentale dello Stato repubblicano

     Il Congresso preliminarmente rileva che a base storica e politica del regionalismo autonomo o autonomia differenziata c’è la devastazione meridionale e che è di questa che per prima si deve discutere.

     Dagli anni ’80 il Sud subisce un processo di declassamento crescente; e, a partire dal secolo in corso quantomeno dalla crisi sistemica del 2008, esso è non soltanto un’area di degrado economico, di disoccupazione permanente e di emigrazione incessante; in breve di impoverimento progressivo; è un’area frantumata senza unità territoriale, sociale, culturale; un corpo smembrato sotto un’azione crescente di dissanguamento ad opera del vampiraggio nord-centrico e degli ascari locali a suo servizio. Senza avere questa percezione della situazione meridionale non si può imboccare la direzione giusta nell’occuparsi di autonomia differenziata, di regionalizzazione della scuola e di altre prospettazioni del genere. Ci vogliono alcuni dati per sollecitare l’attenzione. Sul piano economico: nel quinquennio 2008-2014 il Pil del Sud subisce un crollo del13,2%, quello del centro-nord scende del 7,2%; nel periodo 2010-2018 il Tesoro ha speso 645 miliardi di interessi in buona parte accollati al Sud che paga un tasso maggiore. La spesa annua che ogni comune eroga per ogni bambino al Nord è di 3.000 euro, al Centro di 2.000, in Calabria di 88 euro (secondo i dati 2017). Al Sud, che ha il 34,3% della popolazione, cui spetta il 34,3 della spesa pubblica, ossia 352 miliardi del totale di 1.026,3 miliardi, ne viene erogata una quota di 280,5 con una decurtazione di 61,5 miliardi annui. Altrettanto, o peggio, si può dire per la mancata destinazione degli investimenti obbligatori previsti per il Sud (il 34%); per la distribuzione dei fondi strutturali UE; per non parlare della spesa per l’innovazione che al Sud è metà del livello nazionale, dello stato delle infrastrutture, delle ferrovie e degli accumuli di rifiuti. C’è quindi una spaccatura profonda tra Sud e Nord, che non si è mai vista dall’unità. E se ai dati economici prima evidenziati si aggiungono gli aspetti di miseria, di diseguaglianze sociali, di invivibilità, si staglia ai nostri occhi uno spettacolo di devastazione sconfinata.

     Il Congresso condanna le pretese di regionalismo differenziato come espressione di ingordigia sciacallesca da parte di consorterie locali vendute di appropriarsi più risorse e poteri. Ribadisce che le divisioni territoriali, a partire da quella principale tra Sud e Nord, non sono rimarginabili sul piano economico ma solamente sul piano sociale e su quello politico. Eppertanto chiama tutti i lavoratori/ci, occupati semioccupati disoccupati, a unirsi nel fronte proletario per battersi a difesa delle condizioni di vita; e, quanti intendono andare fino in fondo, ad organizzarsi nel partito rivoluzionario per spazzar via la società dello sfruttamento delle divisioni della miseria